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Medicina che cambia : Stranieri e consenso informato di G. Leoni

Il rapporto medico-paziente da sempre si fonda sulla reciproca fiducia e sul dialogo, sulla comunicazione nei due sensi : l’esposizione dei problemi da parte dell’interessato, l’esame clinico e/o strumentale,  la risposta terapeutica medica o chirurgica.

Fra i doveri del medico rientrano l’assicurarsi che il paziente abbia capito non solo la patologia di cui è affetto ma la terapia prescritta e la corretta posologia dei farmaci con le loro avvertenze ed interazioni,   la motivazione del tipo di intervento chirurgico con le relative conseguenze ed eventuali,  ma purtroppo statisticamente ineludibili  complicanze.

La calibrazione dell’informazione, in rapporto alla gravità del caso ed alle condizioni socio-culturali  del paziente e dei famigliari,  è un aspetto artistico della professione medica.

Nell’ultimo decennio per il cittadino italiano, a qualsiasi livello,  l’interazione con stranieri, ed in particolare con gli extra comunitari,  sta diventando routine.

Nella provincia di Venezia il fenomeno è particolarmente evidente ed alla difficoltà di lingua si associa  un livello socio culturale dei pazienti  spesso basso ma le patologie  ed il lavoro del medico sono  le stesse.

Anzi , sono ricomparse le malattie dei poveri , ci si domanda in che condizioni igieniche viva questa gente , ma sopratutto spesso ci si arrovella  su come capire e farsi capire.

A volte non sono turisti con cui ci si  può cimentare con una lingua straniera, magari rispolverando un po’ del nostro  inglese o francese maccheronici, a volte non capiscono assolutamente né l’italiano né una lingua che non sia la loro ma sono accompagnati da un amico , e non dico familiare ma solo amico, con cui di fatto ci si rapporta , poi lui traduce : cosa abbia capito il “traduttore” e cosa l’interessato sono fatti che rientrano  nei misteri della vita.  E comunque … è così.

Nel reparto di Chirurgia Generale dell’Ospedale SS. Giovanni e Paolo di  Venezia  dove lavoro, nel 2003

vi sono stati in totale 1490 ricoveri , gli stranieri  sono stati 79 pari allo 5.3% : in particolare  70 su 1.055  ricoveri ordinari pari allo 7.5%   9 su 435  in Day Surgery pari al 2% .

51 pazienti sono stati operati ,  43  (4.1%) in ordinario,  8 (1.8%)  in Day Surgery .

Le nazioni di appartenenza dei pazienti sottoposti ad intervento chirurgico  erano : Albania 2 , Armenia 3 , Australia 1, Brasile  2, Colombia 2, Croazia 2, Ecuador 2, Filippine 2, Francia 5, Germania 2, Regno Unito 3, Honduras 1, Jugoslavia 1 , Marocco 1, Polonia 1, Portogallo 1, Sri Lanka 3, Cina Popolare 5, Romania 3, Spagna  3, USA  3, Tunisia 1, Ucraina 1, Unione Sovietica 2. Con 13 casi in totale  l’appendicectomia d’urgenza è stato l’intervento più frequente, tra i più gravi 3 peritoniti diffuse.

Credo che si possa bene immaginare la problematica non dico di ottenere un adeguato consenso informato , in urgenza e magari di notte , ma solo di spiegare il sospetto diagnostico, che non è mai certezza , e la necessità di un immediato intervento . In tanti casi non c’è stato neanche il “conforto” dell’accompagnatore. Ad un recente convegno dell’ AULSS 12 sul Consenso Informato a Mestre un avvocato ha consigliato, in caso difficoltà di comunicazione, di chiamare il Tribunale che ha a disposizione dei traduttori d’ufficio per gli interrogatori degli indagati . Non so come questo possa essere utile al lavoro dei colleghi medici che operano sul territorio, ma naturalmente i traduttori osservano l’orario d’ufficio, le urgenze no.

In questi casi sta alla responsabilità del medico caricarsi il fardello di tutto e decidere,  e se qualcosa va male, con calma, un giorno e di giorno, in orario d’ufficio, sulla base delle carte, qualcuno ci giudicherà…

I nostri colleghi medici legali citano le sentenze in cui viene chiaramente sottolineato che “un sanitario non può intervenire su di un paziente, né curarlo in alcun modo, se prima non si è premurato di informarlo di “ogni fatto che sia necessario a formare la base di un intelligente consenso del paziente al trattamento proposto” , cosa resta per i medici della linea del fronte, sia del territorio che nell’ospedale ? Spero che il futuro ci riservi un aiuto dal Comune e dai Servizi Sociali più capillare nel quotidiano e magari con una reperibilità notturna e festiva per i casi urgenti, che contempli un aiuto per tutte queste nuove lingue, (utopia ? ma se  a Venezia c’è  una intera Facoltà di Lingue Straniere ed Orientali !),  una maggiore attenzione dall’Ordine dei Medici per queste nuove difficoltà che si  incontrano nell’esercizio della nostra professione . Cari saluti a tutti.

Giovanni Leoni  – Medico Ospedaliero

Medici e …basta 3 -2005

Notiziario di Informazione Intersindacale Medica

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